EFFIMERA #1
The End Of A Process IS A Solution First step, 2011 not baked clay The End Of A Process IS A Solution, 2011 Second step
The artist's statement - I sell my organs to survive not baked clay, wooden boxes, glass (almost all the organs has been "distributed") |
EFFIMERA #2
Maria Callas Intestine N°1 (with Worm) 2012 not baked clay on concrete floor Effimera #3
Maria Callas Intestine N°2 (with Worm) Forte Carpenedo, 2013 not baked clay on concrete floor after the exhibition the work has been spread away and partially destroyed
Maria Callas è un personaggio tragico. E’ un idolo, un mito. Indubbio. Ma la sua vita, a parte la parentesi relativamente breve del suo successo, è stata una costellazione di drammi sia inflitti che autoinflitti. Maria Callas appartiene a quel gruppo di donne che hanno costuito, pianificandola a tavolino, la propria immagine allo scopo di diventare dei miti, dei personaggi storici (Elisabetta I d’Inghilterra, Frida Kahlo, Marina Abramovic?). Al contrario dei personaggi pianificati dallo star system allo scopo di produrre incassi, queste donne hanno plasmato se stesse allo scopo di realizzare un’ideale, il sé utopico. L’intestino di Maria Callas è la leggenda, il simbolo, la metafora dello scotto. Maria Callas ha veramente ingerito la Tenia per perdere peso? Poco importa dal lato pratico (anche se io sono convinta che l’abbia fatto, l’atto estremo si addice al suo carattere) ma il gesto o meglio, l’idea del gesto ha un contenuto concettuale talmente esplicito che non necessita di spiegazioni, didascalie o sottolineature. La scultura effimera di terra non cotta, fragile, deperibile, rafforza visivamente e fisicamente il senso. L’intestino è una flora, un giardino, un eden, è un purgatorio, una gabbia, un peso. Contraddizioni che giustificano la divintà. La bellezza, il potere e la frustrazione. L’installazione a pavimento è precaria, boicottabile, calpestabile. Bisogna averne cura, prestare attenzione. La donna determinata e forte non esclude la sua delicatezza. Siamo esseri contraddittori, desideriamo essere riconosciuti ma, consapevoli della nostra irrilevanza, ci auto-infliggiamo la nostra pena. Le installazioni effimere sono lavori site-specific di dimensioni variabile. Published on ULTRAFEMINISM curated by Martina Margini |